Ormai lo sappiamo: ricevere entrambe le dosi dei vaccini, dunque completare l’immunizzazione, è un’arma essenziale contro Covid-19 e ancora più importante per proteggersi contro la più contagiosa variante delta. Ma quanto tempo deve o può passare fra la prima e la seconda dose? Un nuovo studio inglese, a cui ha preso parte l’università di Birmingham, mostra che, nel caso del vaccino a mRna di Pfizer-BioNTech, anche se si decidesse di posticipare il richiamo, facendolo fino a distanza di 14 settimane, la risposta immunitaria potrebbe essere ugualmente sostanziosa.
I risultati, non ancora peer reviewed, sono disponibili in un testo in preprint. La ricerca però non indica in alcun modo di rimandare la seconda dose, che anzi, come recentemente confermato da un vasto lavoro sul New England Journal of Medicine, risulta essenziale (e nei tempi indicati), soprattutto per difendersi dalla variante delta. Mentre per chi ha avuto Covid-19 ed è guarito potrebbero arrivare a breve una nuova semplificazione, almeno in Italia, con la possibilità di vaccinarsi fino a 12 mesi dopo l’infezione e ricevere una sola dose. E non è tutto: oggi dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema) arriva l’autorizzazione all’uso d’emergenza per il vaccino di Moderna anche dai 12 ai 17 anni, mentre il vaccino Pfizer-BioNTech è già somministrato in Italia anche in quella fascia d’età.
Richiamo: dalle 6 alle 14 settimane dopo?
I vaccini a mRna di Pfizer-BioNTech e di Moderna prevedono un richiamo rispettivamente a distanza di 3 o 4 settimane, con un margine di tollerabilità, riconosciuto dalle autorità, fino a 42 giorni. Più di una ricerca sta analizzando se un posticipo ulteriore della seconda dose possa rappresentare una buona strategia, nell’ottica di coprire con una prima dose una quota più ampia della popolazione e poi raggiungere tutti. La ricerca del gruppo di Birmingham e Oxford (nonché di altri enti inglesi) ha confrontato la risposta immunitaria di 503 operatori sanitari sottoposti alla vaccinazione con il vaccino Pfizer-BioNTech secondo tempistiche differenti. Fra i partecipanti il 44% avevano contratto Covid-19 in precedenza. Un gruppo di volontari ha ricevuto la seconda dose nei tempi standard (dalle 3 alle 5 settimane dopo la prima dose) mentre a un altro gruppo è stata somministrata in un periodo che va dalle 6 alle 14 settimane dopo.
Cosa succede fra la prima e la seconda dose
Anche se la ricerca include solo circa 500 persone e non è ancora ufficialmente pubblicata, i dati preliminari forniscono una prima indicazione del fatto che un intervallo prolungato fra le due dosi potrebbe portare alcuni vantaggi. Da un lato il trial clinico sottolinea che nel lungo periodo fra il vaccino e il richiamo il livello degli anticorpi specifici anti Sars-Cov-2 cala in maniera significativa e più e di quanto avviene con il piano vaccinale tradizionale. Anche per questo per ora non c’è alcun consiglio di rimandare la vaccinazione, soprattutto adesso che la variante delta è più diffusa e sappiamo essere poco coperta da una sola dose. Tuttavia, una buona notizia c’è: in tutte le settimane dell’intervallo la concentrazione di linfociti T (o cellule T) – alla base dell’immunità cellulare, una parte importante dell’immunità totale – rimane elevata.
Cosa succede dopo la seconda dose posticipata
Nel piano posticipato, inoltre, dalle analisi svolte dopo la seconda dose emerge che gli anticorpi risalgono notevolmente e sono anche più presenti – fino al doppio – rispetto a quelli prodotti dopo il richiamo effettuato secondo il calendario standard. Inoltre, i ricercatori sottolineano che con un intervallo più lungo la risposta immunitaria legata agli anticorpi è ampia anche contro la delta e altre varianti “che destano preoccupazione” (secondo la classificazione dell’Oms). Le cellule T, invece, risultano più basse di 1,6 volte rispetto al piano tradizionale, anche se un particolare sottogruppo di queste, dette cellule T helper, importanti per la memoria immunitaria a lungo termine e che aiutano a stimolare la produzione di anticorpi.
Quando e con quante dosi si devono vaccinare i guariti
Il caso di chi ha già avuto Covid-19 ed è guarito è leggermente differente. Attualmente in Italia le linee guida prevedono che i guariti ricevano una prima dose di vaccino un po’ distanziata dall’infezione, almeno dopo 3 mesi ma non oltre i 6 mesi. Attualmente nuove prove e una ricerca pubblicata su Nature Communications indicano che la protezione per chi ha avuto Covid-19, sia in forma sintomatica sia senza sintomi, potrebbe durare di più, almeno 9 mesi. Non è un caso che il sottosegretario alla Salute Andrea Costa abbia detto all’agenzia Ansa che il governo sta valutando di posticipare ulteriormente la vaccinazione per i guariti, probabilmente entro i 12 mesi, e con una sola dose (e non due) – un’indicazione che era già presente (non sotto forma di obbligo) in una circolare di marzo 2021 del ministero.
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