Problemi di memoria, confusione, difficoltà a elaborare pensieri: si chiama “nebbia mentale” ed è uno dei principali sintomi del long-Covid, l’insieme di sindromi che possono seguire un’infezione da Sars-cov-2. Il deterioramento cognitivo può rappresentare un grande problema per chi è guarito da Covid-19, e non solo per quelli che hanno sviluppato la malattia in maniera più grave: la nebbia mentale può durare mesi dopo la guarigione e si può manifestare in tutti i pazienti, anche quelli meno gravi.
È quanto emerge da uno studio condotto da un team di medici della Icahn School of Medicine del Mount Sinai Hospital, a New York. La ricerca evidenzia che circa un quarto delle persone guarite da Covid-19 ha avuto alcuni problemi cognitivi, soprattutto relativi alla memoria e alle funzioni esecutive, che si sono protratti a lungo dopo l’infezione (per circa otto mesi) e che hanno interessato sia i pazienti ospedalizzati sia quelli che hanno ricevuto assistenza ambulatoriale, sebbene in misura minore. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Jama Network Open.
Nebbia mentale e long-Covid
Sebbene la maggior parte delle persone con Covid-19 migliori le proprie condizioni e guarisca dall’infezione in poche settimane, spesso la malattia lascia numerosi strascichi, un insieme di sindromi noto con il nome di long-Covid. Come si legge sul sito del Center of Disease Control and Prevention statunitense, il long-Covid consiste in una vasta gamma di problemi di salute nuovi, ricorrenti o persistenti che le persone possono sperimentare quattro o più settimane dopo essere state infettate per la prima volta da Sars-cov-2. I sintomi più comuni del long-Covid sono difficoltà respiratorie, stanchezza, perdita di gusto e olfatto prolungata, ma non solo: spesso chi è guarito dalla malattia lamenta problemi cognitivi, che prendono il nome di “nebbia mentale” da Covid-19.
Si tratta di un deterioramento cognitivo che coinvolge soprattutto le funzioni della memoria, ma anche l’attenzione e la capacità di agire in maniera intenzionale (note come abilità esecutive). Secondo uno studio pubblicato su Lancet Psychiatry, fino a una persona su tre che ha avuto Covid-19 ha sviluppato problemi di salute mentale o sintomi neurologici a lungo termine. Nonostante le crescenti evidenze sull’esistenza della nebbia mentale da Covid-19, tuttavia non è ancora chiaro se e quanto la gravità della malattia da coronavirus possa incidere sui sintomi cognitivi.
Lo studio
È per questo che i medici del Mount Sinai Hospital, a New York, hanno deciso di studiare la frequenza dei sintomi di deterioramento cognitivo nei pazienti guariti da Covid-19 ospedalizzati, ricoverati in pronto soccorso o trattati in ambulatorio, registrati nel loro database. Il nuovo studio ha incluso i dati, raccolti da aprile 2020 a maggio 2021, relativi a 740 pazienti senza storia di demenza precedente alla malattia da Covid-19. Per evitare che si confondessero i sintomi del long-Covid con quelli del deterioramento cognitivo dovuto all’invecchiamento, l’età media della coorte di pazienti era di 49 anni. I ricercatori hanno valutato il funzionamento cognitivo per ciascun paziente, e hanno evidenziato una frequenza relativamente alta di deterioramento in una buona parte di essi, che si sviluppava anche per molto tempo – circa 8 mesi – dopo l’infezione da Sars-cov-2.
L’insieme dei disturbi prenderebbe il nome di sindrome disesecutiva, ovvero l’alterazione delle abilità necessarie a un’attività intenzionale e finalizzata al raggiungimento di obiettivi. Tra queste, difficoltà nel parlare (che ha colpito circa il 15% dei pazienti) e difficoltà esecutive (il 16%). Circa un quinto dei pazienti totali, poi, presentava difficoltà a elaborare i pensieri e suddividerli in categorie (rispettivamente il 18% e il 20%), e circa un quarto riportava problemi di richiamo e decodifica della memoria (il 23% e il 24% dei pazienti).
Come sottolineano gli autori nell’articolo, il disfunzionamento esecutivo ha notevoli implicazioni per la qualità della vita della persona, coinvolgendo la sua dimensione di funzionamento, quella psicologica e quella occupazionale. Sebbene i sintomi cognitivi siano stati evidenziati in tutti i pazienti, lo studio ha evidenziato che i pazienti ospedalizzati avevano maggiori probabilità di avere disfunzioni nell’attenzione, nel funzionamento esecutivo, nella fluidità delle categorie e nella memoria rispetto a quelli che avevano ricevuto assistenza ambulatoriale.
“In questo studio, abbiamo riscontrato una frequenza relativamente alta di deterioramento cognitivo diversi mesi dopo che i pazienti hanno sviluppato Covid-19“, hanno scritto i ricercatori, guidati da Jacqueline Becker, nello studio: “L’associazione di Covid-19 con il funzionamento esecutivo solleva questioni chiave riguardo al trattamento a lungo termine dei pazienti. Sono necessari studi futuri per identificare i fattori di rischio e i meccanismi alla base della disfunzione cognitiva, nonché le opzioni per la riabilitazione”.
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